Adelphi

A. Politkovskaja, La Russia di Putin

 

Anna Politkovskaja (1958-2006) è stata una giornalista con cittadinanza russo-statunitense nota per i suoi reportage sulla seconda guerra cecena, scritti per la Novaja Gazeta, e per le sue critiche contro l’esercito e il servizio di sicurezza federale russo (FSB). La sua attenzione sul fronte dei diritti civili si tradusse in alcuni libri rivolti a un pubblico internazionale che denunciavano l’operato di Putin nei suoi primi anni di governo.

Anna Politkovskaja fu assassinata a Mosca il 7 ottobre 2006 da un sicario il cui mandate risulta ancora oggi formalmente sconosciuto.“La Russia di Putin, edito in Italia da Adelphi nel 2004 nella traduzione di Claudia Zonghetti, è «un libro di appunti appassionati a margine della vita» come la si viveva in Russia tra il 2000 e il 2004. Nel marzo del 2022, alla luce dello scoppio della guerra in Ucraina, Adelphi ha pubblicato in una nuova collana questo testo che risulta di un’attualità sorprendente e vuole ricordare la complicità dell’Occidente nell’ascesa e nel consolidamento del potere di Putin già nel corso del suo primo mandato.  

«A renderlo possibile […] non sono state solo la nostra negligenza, l’apatia e la stanchezza seguite a tante – troppe – rivoluzioni. Il processo è stato accompagnato da un coro di osanna in Occidente. In primo luogo da Silvio Berlusconi, che di Putin si è invaghito e che è il suo paladino in Europa. Ma anche da Blair, Schroeder e Chirac, senza dimenticare Bush junior oltreoceano

La Russia di Putin, tra corruzione e crimini di guerra

Anna Politkovskaja non vuole fare un’analisi politica, ma raccontare storie pubbliche e private che diventano la più evidente testimonianza di cosa vuol dire vivere nella Russia di Putin. Una Russia in cui l’esercito è ormai l’ombra sbiadita della grande Armata Rossa e risulta privo di qualsiasi controllo da parte della società civile. In questo stato di totale anarchia, i soldati semplici – molti dei quali sono ragazzi costretti al servizio di leva – sono trattati come schiavi dai loro superiori che si sentono liberi di mettere in atto sevizie e torture di ogni tipo perché protetti da un governo ben disposto a non intervenire in cambio del sostegno dell’esercito.

È il racconto di una Russia in cui i crimini della seconda guerra cecena sono condannati in base all’ideologia del momento – e all’interessamento dell’opinione pubblica internazionale – e non secondo giustizia. Ne è un esempio la storia del colonnello Budanov che nel marzo del 2000 rapì, stuprò e uccise El’za Kungaeva, una diciottenne cecena. Nel corso del lungo processo, numerosi furono i tentativi di insabbiare le prove e di giustificare il comportamento del militare sfruttando anche faziose perizie piscologiche. Solo nel 2003 il tribunale militare del Caucaso settentrionale, con un gesto di eccezionale coraggio, condannò Budanov a dieci anni di carcere duro e alla perdita dei gradi e delle onorificenze.

È la Russia travolta dalla crisi economica del 1998 che ha colpito duramente la classe media formatasi dopo il crollo dell’URSS e che ha portato alla nascita di nuovi arricchiti, sostenitori di quel «capitalismo dal volto neosovietico» promosso da Putin. Questo originale sistema economico promuove la corruzione e la nascita di una mafia di stato che diventano gli strumenti principali utilizzati dai nuovi oligarchi per arricchirsi ai danni di una popolazione sempre più povera e stremata.

Tra le pagine di questo volume trova spazio anche il drammatico racconto dell’eccidio avvenuto nel teatro Dubrovka a Mosca nell’ottobre del 2002. Anna Politkovskaja si era coraggiosamente offerta di partecipare ai negoziati con i terroristi ceceni, ma non riuscì a evitare la strage dovuta alla decisione delle forze speciali russe di immettere nella sala del teatro un misterioso gas. Forte è la denuncia della giornalista contro l’incapacità del governo russo nel gestire questa situazione di crisi, con un copione che – purtroppo – si ripropose in modo analogo anche nel corso dell’attentato terroristico avvenuto nella scuola n.1 di Beslan (Ossezia del Nord) nel settembre del 2004.

Un dittatore che ammalia l’Occidente

“La Russia di Putin” è la Russia della corruzione, della mafia di stato, dell’anarchia dell’esercito, di una giustizia ad personam, degli oligarchi e dei tanti poveri, della provincia allo sbando e sempre più distante dalla capitale. Anna Politkovskaja, con il suo taglio da cronista, riesce a inquadrare con precisione i problemi di una nazione che Putin, ex KGBista, ha saputo sfruttare per creare la falsa immagine di una democrazia dietro alla quale si cela un regime dittatoriale in cui lui può giocare a fare quello che vuole.

Anna Politkovskaja, nei capitoli finali di quest’opera, denuncia non solo l’apatia del popolo russo ormai incapace di reagire ai soprusi del governo, ma anche – e soprattutto – la complicità di un Occidente che si è lasciato volontariamente ammaliare da Putin e dai suoi giochi di potere.

E le conseguenze del comportamento dei governi occidentali sono purtroppo oggi sotto gli occhi di tutti.

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Informazioni su Francesca Cocchi

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.
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