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Elio Vittorini (Siracusa 1908 – Milano 1966) è stato uno scrittore, traduttore e critico letterario italiano. Lo scoppio della guerra civile spagnola segnò il suo percorso di letterato e di uomo e lo portò ad abbandonare le posizioni vicine al fascismo di sinistra da lui inizialmente abbracciate per entrare nel Partito Comunista clandestino. Dopo l’8 settembre del 1943, fino alla fine della guerra, fu protagonista attivo a Milano della Resistenza al fianco di Eugenio Curiel.

In questi anni scrisse Uomini e no, pubblicato per Bompiani nel giugno del 1945, il primo romanzo a raccontare la Resistenza italiana e la prima vivida testimonianza di una tragedia che fino a poco prima rappresentava la quotidianità.

L’autore nel suo romanzo

L’atmosfera di un mite inverno milanese fa da sfondo alla lotta armata guidata dai giovani partigiani contro il commando tedesco di Cane Nero: Scipione e il Gracco, il Foppa e Figlio-di-Dio, Coriolano e Barca Tartaro, Orazio e Metastasio, e tutti gli altri compagni con i loro nomi da battaglia dal sapore epico, hanno messo la loro vita al servizio della Liberazione. Capo di questo GAP è Enne 2, un uomo che fin dalle prime pagine del romanzo appare lacerato e mosso da una disperazione accresciuta sempre più dalla difficile storia d’amore con Berta, una donna sposata e di dieci anni più grande.

Il racconto delle azioni dei partigiani e delle conseguenti vendette dei tedeschi contro i civili si alterna a capitoli nei quali Enne 2, alter ego narrativo di Vittorini, riflette sul senso della sua vita all’interno della Resistenza. Solo la personale angoscia, e non più la fede nell’ideale della Liberazione, sembra ormai spingerlo a dedicare anima e corpo alla lotta armata. La voce dell’autore interviene direttamente nel romanzo anche nelle sezioni in corsivo nelle quali gli interrogativi sull’adesione al Partito Comunista diventano sempre più intensi. Nella nota finale del romanzo Vittorini sottolinea, tra le altre cose, con toni pessimistici la distanza tra la sua effettiva posizione politica, che indica quello che lui vuole essere, e il suo libro, che indica invece quello che egli è in realtà.

Umano e inumano

In “Uomini e no”, la voce dell’autore non si limita a interrogarsi sulla sua personale condizione, ma riflette anche sulle atrocità di una guerra incivile che rende sempre più difficile distinguere l’umano dal non-umano, nonostante la netta dicotomia che viene presentata nel titolo. In un corsivo che segue il supplizio di un innocente dato dai tedeschi in pasto ai cani, Vittorini arriva a chiedersi con toni drammatici e quasi deliranti: «Noi abbiamo Hitler oggi. E che cos’è? Non è uomo? Abbiamo i tedeschi suoi. Abbiamo i fascisti, E che cos’è tutto questo? Possiamo dire che non è questo anche, nell’uomo? Che non appartenga all’uomo?». Nel racconto delle atrocità della guerra, l’“inumano” si presenta come un elemento intrinseco dell’uomo, come un male che potrà essere estirpato solo attraverso una Liberazione ben più profonda di quella dal nazi-fascismo.

Dal punto di vista dello stile, “Uomini e no” segue la scia dell’ermetismo e si caratterizza per una lingua ricca di simboli e metafore; il ricorso a ricorrenti formule ed epiteti dal sapore epico contribuisce inoltre a dare forza al desiderio di Vittorini di rende il suo romanzo il più universale possibile.

E. Vittorini, Uomini e no

Autore

francescacocchi@hotmail.it

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.

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