Bompiani

G. Bufalino, Diceria dell’untore

In “Diceria dell’untore” Bufalino decide di raccontare in forma romanzata la sua esperienza in un sanatorio nei pressi di Palermo – La Rocca – nell’estate del quarantasei.
L’io narrante travolge il lettore con una prosa ricca di metafore che in alcuni passaggi tende al lirismo. Questo linguaggio volutamente aulico contribuisce a definire un’atmosfera sospesa nella quale sono immersi i pazienti de La Rocca che ogni giorno sono spinti dall’imminenza della morte a filosofiche riflessioni sulla vita.
Non manca lo spazio per l’eros, declinato però nel suo connubio più tragico con thanatos, la morte. La scintilla d’amore che scoppia tra l’io narrante e la misteriosa Marta è infatti destinata a spegnersi rapidamente a causa della malattia. Come un novello Orfeo e una novella Euridice, i due cercano di scappare dall’Ade-sanatorio. Orfeo è certo di salvarsi, ma è altrettanto consapevole dell’inevitabilità della morte di Euridice: nel momento in cui il peggio sembra ormai alle spalle, Orfeo si volta quasi volontariamente accettando la preannunciata morte dell’amata.
Orfeo esce dall’Ade, torna tra i vivi e crede di essersi salvato perché gli è stato affidato il compito di “rendere testimonianza, se non delazione” di quella diceria di untore, che in realtà avrebbe voluto tacere.

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Informazioni su Francesca Cocchi

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.
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