P.O.L.

E. Carrère, V13

“V13” è il nome in codice del processo per gli attentati terroristici che la sera di venerdì 13 novembre 2015 causarono la morte di 130 persone allo Stade de France, all’esterno di alcuni bar situati nell’est di Parigi e all’interno della sala da concerto del Bataclan.

“V13” è anche il nome della cronaca giudiziaria scritta da Emmanuel Carrère e pubblicata in Francia per P.O.L in un volume che raccoglie, in una forma ampliata e rielaborata, gli articoli di circa 7.800 battute comparsi sul settimanale francese L’Obs tra il settembre 2021 e il giugno 2022.

In Italia, le cronache settimanali di Carrère sono state pubblicate da La Repubblica nell’inserto Robinson e il volume “V13” sarà edito da Adelphi nel corso del prossimo anno.

Perché raccontare il processo?

Quali sono le ragioni che hanno spinto Carrère a trascorrere nove mesi della sua vita chiuso nell’enorme aula di un tribunale, con una mascherina sul viso, per scrivere la cronaca settimanale di un processo contro il terrorismo islamico?

Emmanuel Carrère non è stato toccato direttamente dagli attentati, ma in romanzi come L’avversario (Adelphi, 2000) e Il regno (Adelphi, 2014) aveva già affrontato il tema della giustizia e delle religioni; la vera ragione che però lo spinge a seguire il processo V13, come lui stesso esplicita nelle prime pagine della cronaca, è quella di ascoltare le storie «di centinaia di essere umani che hanno in comune il fatto di aver vissuto quella notte del 13 novembre 2015, di essere sopravvissuti o di essere sopravvissuti ai loro cari». La cronaca di Carrère, che di fatto segue lo svolgimento del processo, non si limita però al doloroso racconto della sofferenza delle vittime, ma dedica ampio spazio anche alle storie degli accusati, ai discorsi degli avvocati e alla sentenza pronunciata dalla Corte.

V13: le vittime, gli accusati, il tribunale

Nella prima parte del volume, le testimonianze dei sopravvissuti contribuiscono a ricostruire sotto ogni possibile punto di vista il massacro del Bataclan, l’orrore dei corpi «enchevêtrés», il sangue viscoso sotto i pedi, i colpi di kalashnikov sulle «terrasses», gli ultimi attimi di vita di amici e sconosciuti. Le voci delle circa 1800 parti civili si susseguono come in una lunga seduta psicologica nel corso della quale ogni testimone condivide il proprio dolore non solo con le altre vittime, ma con tutta l’aula, inclusi gli accusati.

I nove membri del commando esecutivo entrato in azione il 13 novembre del 2015 non sono però presenti in aula; sono tutti morti nel corso degli attentati o in fase di cattura. Altri sei presunti attentatori non hanno risposto alla domanda di convocazione. Dei venti accusati del processo, solo quattordici sono presenti in aula: undici di loro sono considerati complici degli attentatori e destinati a una condanna all’ergastolo; i restanti tre, invece, presentano dei capi d’accusa più leggeri e sperano che il processo renda loro la libertà.

I quattordici accusati presenti al processo sono interrogati sotto tre diversi aspetti, «la personnalité», «les fatis» e «la religion», con lo scopo non solo di ricostruire nel dettaglio l’organizzazione degli attentati, ma anche le ragioni che li hanno portati a essere coinvolti in queste azioni terroristiche.

Infine, nella terza parte del volume Carrère lascia spazio al lavoro degli avvocati dell’accusa e della difesa, sottolineando come lo scopo del processo non sia semplicemente punire gli accusati, ma far sì che siano condannati secondo giustizia.

Un’esperienza di paura, pietà, vicinanza e presenza

“V13” non offre il freddo resoconto dell’andamento del processo, ma racconta la storia delle vittime, degli accusati e di tutte quelle persone che sono state toccate dagli attentati del 13 novembre 2015. “V13”, infatti, non si è stato un processo storico come molti inizialmente si aspettavano, ma un’esperienza unica di paura, pietà, vicinanza e presenza.

Carrère ha saputo trasformare le centinaia di ore del processo in un romanzo coinvolgente nel quale i fatti sono presentati alla giusta distanza: non così vicino da condividere ciò che solo chi ha preso parte al processo può comprendere realmente, né così lontano da risultare una fredda cronaca giornalistica priva di empatia.

«C’est cela, ou cela devrait être ça un procès : au début on dépose la souffrance, à la fin on rend justice.»

E. Carrère, V13
Carrère, V13
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Informazioni su Francesca Cocchi

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.
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