Due vite, quella di Rocco Carbone e di Pia Pera, si intrecciano a una terza, quella di Emanuele Trevi che, rispondendo a una profonda esigenza che viene dal cuore, decide di rendere omaggio ai due scrittori e cari amici prematuramente scomparsi.
In “Due vite” (Neri Pozza, 2021), Trevi riesce a delineare un ritratto intimo e accurato di Rocco e Pia, due figure agli antipodi: il primo gravato da un’infelicità, sua nota stilistica, che fagocita come un buco nero ogni aspetto positivo; la seconda, una “signorina inglese” timida e allo stesso tempo sfrontata, con una passione per la letteratura russa e il giardinaggio.
Sadico Rocco, masochista Pia, “nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, il loro fu un legame fino all’ultimo trasparente e felice, come accade quando Eros […] non ci mette lo zampino”.
Il sincero legame di amicizia è delineato dal racconto di Trevi che, giocando abilmente con soggettività e imparzialità, riesce a dare forma a una contaminazione di diversi generi letterari, dalla narrativa al saggio, dalla critica letteraria all'(auto)biografia.
Come è possibile che conteniamo in noi tante cose così disarmoniche e spaiate, manco fossimo vecchi cassetti dove le cose si accumulano alla rinfusa, senza un criterio?