Folio

E. Zola, Germinal

“Germinal” è uno di quei romanzi corali di ampio respiro che solo i grandi autori dell’Ottocento sono stato in grado di scrivere, anche e soprattutto grazie alla pratica di pubblicare i testi en feuilleton.

In questa pietra miliare della letteratura francese Zola lancia un’accusa contro le disumane condizioni di vita e di lavoro dei minatori. Zola visitò di persona alcune miniere e le descrizioni degli stretti e soffocati cunicoli della miniera sono così ben scritte che al lettore sembra di sprofondare pagina dopo pagina nell’oscurità sempre più calda e umida del Voreux.

“Germinal” è anche «l’apprentissage de la révolte ouvrière» e il romanzo della cruda violenza in cui si sfocia la “grève” attraverso cui i minatori sperano di ottenere una vita diversa. Le idee socialiste, promosse dall’Internazionale, si scontrano con l’estrema povertà dei minatori, costretti a rinunciare alla loro misera paga nel tentativo di imporre alla Compagnia dei minatori condizioni di lavoro più eque.

Personaggio chiave del romanzo è per me la Maheude, la donna del focolare spento, che con le sue riflessioni e le sue idee rappresenta l’anima del “coron”. Le sue lamentele verso la Compagnia la trasformano lentamente nella più fervida sostenitrice della grève; ma la miseria prevale e, rassegnata, anche la Maheude si vedrà costretta a scendere nuovamente nel nero inferno delle mine.

Leggendo le pagine di Germinal, mi sono tornate alla mente le parole di una canzone che ho conosciuto durante i mesi trascorsi in Belgio, “Les corons” di Pierre Bachelet del 1982:
“Au nord, c’étaient les corons
La terre c’était le charbon
Le ciel c’était l’horizon
Les hommes des mineurs de fond”

Taggato , ,

Informazioni su Francesca Cocchi

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.
Vedi tutti gli articoli di Francesca Cocchi →

Lascia un commento